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L’avvento e il protrarsi dell’emergenza sanitaria globale ha reso necessario il ricorso alla tecnologia in modo sempre più massiccio. Ne è un esempio il maggiore utilizzo dello smart working nella Pubblica Amministrazione, chiamata ad adottare in modo improvviso e quanto mai diffuso la modalità di lavoro agile in tutta Italia per tutelare la salute dei dipendenti e dei cittadini.

Un utilizzo così ingente che ha reso necessario realizzare un vademecum con semplici raccomandazioni elaborate dall’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) per l’utilizzo corretto dei dispositivi elettronici personali, come pc, smartphone e tablet (sulla base degli standard di sicurezza informatica per le PA fissate dalla circolare n. 1/2017). L’obiettivo delle  regole è quello di supportare le PA e i lavoratori nel contrastare eventuali attacchi informatici con comportamenti responsabili: dalle policy da seguire agli aggiornamenti del sistema operativo, dall’utilizzo di connessioni wi-fi protette al log-out a fine sessione lavorativa.

Ma se l’emergenza ha dato una forte spinta alla digitalizzazione nella PA, è anche vero che si stanno facendo degli studi per analizzare l’infrastruttura tecnologica della Pubblica Amministrazione italiana per poi intervenire e orientare tutta la macchina pubblica verso la digital transformation.

Il Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha condiviso un censimento dei data center della Pubblica Amministrazione italiana, realizzato dall’Agid,  il primo passo per avviare il piano per la razionalizzazione delle infrastrutture digitali della Pubblica Amministrazione italiana.

Lo scopo del censimento è stato quello di fare una fotografia della situazione attuale, per poter valutare i data center più obsoleti e quelli più efficienti. Secondo una stima dell’Agid, in Italia operano circa 11 mila data center di varie dimensioni e capacità, gestiti da 22mila Pubbliche Amministrazioni. La situazione attuale genera enormi problemi, in termine di spreco di risorse e di sicurezza. La strategia per le infrastrutture digitali si è posta dunque l’obiettivo di ridurre esponenzialmente questo numero, spostando i servizi dai data center obsoleti o inadeguati che saranno poi dismessi.

La strategia del Dipartimento per la Trasformazione Digitale  ha fatto una distinzione fondamentale tra infrastrutture che gestiscono servizi strategici e tutte le altre infrastrutture gestite dalle PA. Le infrastrutture che gestiscono servizi strategici dovranno essere spostate sotto la gestione diretta di un Polo strategico nazionale (Psn), un soggetto giuridico controllato dallo Stato che avrà a disposizione un numero ridotto di data center nazionali. Per tutte le altre infrastrutture che gestiscono i servizi ordinari della PA ci sarà una razionalizzazione, dismettendo i data center più obsoleti e migrando i servizi su data center più affidabili, oppure affidandosi a servizi cloud di mercato attraverso il programma Cloud della PA.

Al censimento, hanno partecipato 990 Pubbliche Amministrazioni, centrali e locali (solo una parte del totale), con una valutazione di 1.252 data center. Di questi 1.252 data center, la valutazione ha portato a una suddivisione tra: 62 classificati nel gruppo A, cioè di data center che potranno continuare a funzionare gestendo i servizi definiti “non strategici”; e ben 1.190 classificati nel gruppo B, di cui fanno parte le strutture più obsolete che dovranno essere dismesse quanto prima, perché prive dei requisiti di sicurezza ed efficienza necessari per gestire servizi pubblici.

Tutti gli altri data center non censiti rientrano tra i sistemi obsoleti. Tra i 62 data center del gruppo A, l’indagine ne ha invece individuati 35 particolarmente virtuosi, che potranno mettere a disposizione spazi e infrastrutture al Psn (ma non agire come Psn), per ottimizzare le risorse esistenti. Il censimento dovrebbe portare a riorganizzare le infrastrutture digitali su cui viaggiano i servizi della Pubblica Amministrazione. Questo è tra gli obiettivi primari del Dipartimento per la trasformazione digitale ed è anche un aspetto centrale della sua strategia per i prossimi anni. E tale strategia passa attraverso la rivoluzione del cloud.

Il processo di migrazione al cloud, sottolinea il Dipartimento per la trasformazione digitale, non sarà semplicemente quello di spostare un servizio da un data center obsoleto a uno più sicuro o efficiente.

Si tratta di un processo culturale, di valutazione, riprogettazione e ripensamento di alcuni servizi, che possono essere dismessi, migrati o esternalizzati ad aziende che forniscono soluzioni pronte per l’uso. Questo passaggio contribuirà a creare maggiori opportunità di mercato per startup e piccole e medie imprese. Queste potranno sviluppare e proporre servizi e applicazioni che rispondono alle esigenze che accomunano centinaia di Pubbliche Amministrazioni in Italia, e che oggi sono trattate da ogni ente in autonomia, con enormi sprechi.

Il Dipartimento sta lavorando a una gara insieme a Consip, che sarà pubblicata all’inizio del 2021, che renderà molto più snelle e rapide le procedure richieste alle PA per dotarsi di servizi in cloud e di nuove competenze per essere in grado di gestire la migrazione dei propri servizi.