Genova, Commenda di San Giovanni di Prè: al via oggi il nuovo MEI – Museo nazionale dell’Emigrazione Italiana.
La mostra è stata allestita da ETT secondo i registri della multimedialità nell’ospitale ristrutturato.
All’inaugurazione, alla Commenda alle ore 12, hanno partecipato il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, il Sindaco di Genova Marco Bucci, il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, i Soci fondatori della Fondazione MEI.
Oltre 200 storie di emigrazione, 1300 immagini d’archivio accessibili grazie a 70 postazioni multimediali e 25 proiettori laser messi in campo dalla genovese ETT, azienda leader del digital. Massimo Olcese tra gli attori coinvolti nelle sceneggiature dal vivo. I visitatori possono interagire con spazi e oggetti vivendo esperienze immersive e coinvolgenti a 360 gradi
Genova, 11 maggio 2022 – 16 sale, 70 postazioni multimediali, 65 monitor, 25 proiettori laser, oltre 200 storie di emigrazione e 1300 immagini d’archivio. Sono le cifre del Nuovo MEI – Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana alla Commenda di San Giovanni di Prè, complesso romanico del XII secolo nei pressi della stazione ferroviaria di Genova Principe. Il MEI nasce dall’accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività culturali, Regione Liguria e il Comune di Genova, ed è stato inaugurato oggi alla presenza del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, del Sindaco di Genova Marco Bucci, del Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e dei Soci fondatori della Fondazione MEI.
Avvalendosi di uno sterminato patrimonio d’archivio che ha restituito materiali originali audio e video, ETT, industria genovese leader del digitale e della creatività, ha potuto letteralmente allestire la mostra studiando ad hoc materiali in grado di supportare le postazioni multimediali che ne caratterizzano l’intero percorso proposto ai visitatori.
“ETT è molto soddisfatta di avere contribuito a un’opera come quella del MEI, un’exhibition che restituisce il polso della situazione relativo a un fenomeno, come quello migratorio, che dalla metà dell’800 prosegue fino ai giorni nostri – ha dichiarato Giovanni Verreschi ad di ETT nel corso dell’inaugurazione del nuovo Museo dell’emigrazione. “Genova – ha aggiunto Verreschi – fin dalle origini dei flussi migratori è stata il terminale delle persone provenienti da tutte le regioni italiane dirette nei cinque continenti. Grazie alle tecniche immersive abbiamo voluto non dimenticare i volti e le espressioni colte e restituite dalle soluzioni multimediali, per offrire ai visitatori la possibilità nel 2022 di incontrare nuovamente chi in questa storia ci ha preceduto e chi ancora oggi, con motivazioni molto differenti dal passato, sceglie di emigrare. È proprio grazie all’applicazione spinta della tecnologia coinvolgente che siamo riusciti a ridare oggi un nome a un fenomeno trattato spesso come un flusso di persone indifferenziato e anonimo”.
L’obiettivo del MEI non è didascalico o nozionistico, bensì quello di offrire suggestioni attraverso pochi elementi scenografici in ambiente neutro, nell’ottica di raccontare l’identità di una città strutturalmente legata al fenomeno migratorio. È da Genova che si partiva per raggiungere le Americhe, l’Africa, l’Asia e l’Australia, come a Genova arrivavano tra la metà dell’800 e la prima del ‘900 emigranti piemontesi, veneti, siciliani, napoletani, ecc, ognuno con la propria cadenza dialettale così ben ricostruita proprio all’interno della mostra dagli attori scelti da zone specifiche d’Italia. In sintesi, quello migratorio è un fenomeno genovese ma con respiro nazionale e internazionale.
Le scenografie della mostra sono scarse ed essenziali, mentre particolare cura è riservata ai personaggi, per mettere al centro la figura umana. Strumento narrativo d’eccellenza è il primo piano cinematografico.
Nella hall di ingresso una serie di luci a LED collegano l’Italia con i continenti verso i quali i migranti salpavano. Nello stesso tempo tre monitor rilasciano i dati relativi alle partenze e ai ritorni e il periodo di riferimento.
I luoghi dell’emigrazione sono successivamente proiettati sulla vetrata che divide la Commenda dalla Chiesa inferiore, mentre 5 totem analizzano il fenomeno della migrazione con diversi racconti. Infatti è il raccontare la cifra comunicativa di base adottata dal MEI e da ETT.
Quello che gli autori della mostra intendono innescare, d’altra parte, è un rapporto di empatia con le figure dei migranti, profilati non tanto dai dati sociodemografici, quanto dalle espressioni e dai volti, che emergono dai pannelli grafici retroilluminati come scatti di primo piano nel momento cruciale della partenza. Vengono proposte 5 alternative di persone in partenza (anni fine 800 – 2000). In funzione dello scorrere del tempo, sono differenti le motivazioni alla base della scelta di partire.
Lungo il percorso interno all’Ospitale di Prè (Area A04 – La salute degli italiani) è possibile anche sedersi a cena con dei migranti del ‘900, per recepire notizie sull’alimentazione di un tempo ed eventuali conseguenze sullo stato di salute, tra i fattori che sicuramente spingevano verso l’ipotesi di lasciare la patria. Gli ambienti delle cucine vengono proiettati su un grande tavolo illuminato allo zenit.
Nell’area A06 si vede, inoltre, un’ulteriore proiezione, quella dell’osteria cui fa ritorno il migrante per re-incontrare i suoi compagni, mentre nel corridoio verso la scala sulla parete viene riprodotta la scena dei finestrini di un treno da cui si vedono 6 personaggi in attesa. E ritorna anche qui la logica del racconto fatto da primi piani.
Parallelamente, l’intero planisfero è impresso a rilievo su un grande tavolo da dove accedere all’Archivio Diaristico Nazionale del Ministero degli Esteri grazie a monitor incassati, per potere raccogliere storie e filmati d’archivio, interagendo con la mappa geografica.
Le vittime registrate tra i migranti, nello stesso tempo, vengono ricordate da un memoriale, disegnato come un grande planisfero sospeso al soffitto da cui scendono corde rosse con la dicitura del luogo delle tragedie.
Al secondo piano l’ufficiale di immigrazione, il datore di lavoro, la padrona di casa, il poliziotto, il sindacalista riproducono i tipi umani incontrati dal migrante e, attraverso un labirinto, anche dal visitatore.
Per ciò che concerne i tipi di lavoro svolti dai nostri connazionali all’estero, particolare attenzione è dedicata agli operai edili, che spesso si trovavano spaesati all’interno di contesti inediti e differenti da quelli italiani. Viene riprodotta sulla parete est l’immagine iconica dei migranti che mangiano sulla trave di acciaio a centinaia di metri sopra New York City (la foto è di Charles B. Ebbets, scattata il 20 settembre 1932 durante la costruzione del 30 Rockefeller Plaza del Rockefeller Center).
Il lampione e la panchina con due attori che dialogano rappresentano, dal canto loro, Little Italy, caratterizzata dalla presenza di un locale tipico degli inizi novecento a New York, con il classico bancone da bar e il cameriere che pulisce i bicchieri riprodotto da un monitor verticale mentre racconta la sua storia di emigrato.
Sull’abside della Chiesa superiore si proiettano immagini relative ai temi dell’emigrazione interna e contemporanea, attraverso totem con monitor a LED. Una cloud di vocaboli scelti da tutti i visitatori, infine, viene proiettata per definire le aree semantiche più ricorrenti e sintetizzare le angolature di lettura del fenomeno migratorio dei visitatori.