Dopo la bozza di Regolamento del 18 novembre “Interoperable Europe Act”, normativa tesa ad armonizzare e sviluppare il panorama europeo di disciplina digitale della PA tramite il focus sull’interoperabilità, si ragiona di un ambizioso traguardo di cooperazione tra le PA dell’Unione Europea.
La Commissione UE ha proposto una legge sull’interoperabilità volta a semplificare la condivisione dei dati del settore pubblico tra gli Stati membri. L’obiettivo è sostenere “flussi di dati affidabili” e “la creazione di una rete di amministrazioni pubbliche digitali sovrane e interconnesse”.
I destinatari sono gli enti pubblici degli Stati membri, oltre alle istituzioni dell’Unione che forniscono o gestiscono sistemi informatici e di rete che consentono di prestare o gestire elettronicamente servizi pubblici.
Per interoperabilità si intende la capacità dei sistemi o delle organizzazioni di cooperare al fine di perseguire scopi condivisi, a livello europeo. La Commissione ritiene che riguardi “il raggiungimento di obiettivi comuni insieme, nonostante la distanza organizzativa o geografica tra gli attori”.
Nello specifico, per interoperabilità transfrontaliera si intende “la capacità dei sistemi informatici e di rete di essere utilizzati dagli enti pubblici nei diversi Stati membri e nelle istituzioni, negli organismi e nelle agenzie dell’Unione per interagire gli uni con gli altri, condividendo dati mediante comunicazione elettronica”.
Mentre, per soluzione di interoperabilità si intende “una specifica tecnica, compresa una norma, o un’altra soluzione, inclusi quadri concettuali, orientamenti e applicazioni, che descrivono i requisiti giuridici, organizzativi, semantici o tecnici che un sistema informatico e di rete deve soddisfare al fine di migliorare l’interoperabilità transfrontaliera”.
Sussiste già un quadro europeo di interoperabilità (European Interoperability Framework – EIF) a partire dal 2017, che è il fulcro strategico del provvedimento in discussione e che ripartisce quattro diversi livelli di interoperabilità.
L’integrazione deve attuarsi attraverso i seguenti quattro livelli:
· tecnico (ad esempio, le interfacce applicative);
· semantico (per assicurarsi che i sistemi abbiano la stessa comprensione del linguaggio che usano e che i dati siano strutturati allo stesso modo);
· organizzativo (ad es. l’allineamento dei processi aziendali);
· giuridico (diritti e obblighi dei soggetti coinvolti, gestione dei rischi).Secondo la Commissione, tale cooperazione ha dei vantaggi in termini di efficienza e ottimizzazione delle risorse: si potranno eliminare oneri amministrativi superflui (compresi gli esistenti ostacoli giuridici, organizzativi, semantici e tecnici), ridurre i costi e i tempi per i cittadini, le imprese e lo stesso settore pubblico. Si potrà così contribuire alla crescita economica, aumentare l’indipendenza strategica e politica nonché la fiducia dei cittadini nei rispettivi governi; i servizi pubblici saranno più accessibili, affidabili ed efficienti e si creeranno nuove opportunità commerciali per le imprese tecnologiche e le startup.